Catia Barone
L a grande truffa ai danni di ragionieri, medici e giornalisti, l’arresto dei fratelli Magnoni, i paradisi fiscali, le ingarbugliate compravendite delle quote Fip (il fondo di investimento in immobili pubblici). Il presunto scenario emerso dall’inchiesta Sopaf ha acceso il riflettori sulle casse previdenziali dei professionisti e mostrato le crepe del sistema. A differenza dei fondi, questi enti non hanno l’obbligo di indire un bando per affidare l’amministrazione delle proprie risorse a una società di gestione del risparmio (sgr), e neanche quello di custodire gli asset in una banca depositaria che operi solo in base al mandato definito nella gara pubblica. Ogni cassa si dà infatti un regolamento interno, in piena autonomia. Ma qualcosa cambierà. La settimana scorsa, dopo le notizie stampa sull’inchiesta, Inpgi e Cnpr sono stati convocati dalla Commissione parlamentare di controllo sugli enti della previdenza obbligatoria. Durante l’audizione è emersa la necessità di «superare il modello degli investimenti finanziari ‘puri’ ». Come? Puntando su «scelte che deleghino integralmente a gestori finanziari la titolarità delle operazioni di investimento, in cambio esclusivamente di un’attesa di rendimento, senza alcuna opzione da parte delle Casse». Possibile, però, che ai tempi delle operazioni nessuno si sia accorto di nulla? A rispondere per la Cassa dei ragionieri è il legale Alessandro Diddi: «Non era sfuggito. Purtroppo questi signori si sono presentati
come esperti della finanza. Quando la Cnpr ha scoperto che non solo non erano degli esperti ma che facevano truffe, sono stati esperiti tutti i tentativi per cercare di recuperare quello che si poteva». «La Cnpr, come qualunque altro operatore – continua l’avvocato – può effettuare i controlli solo a posteriori perché quelli preventivi rischiano di ‘minare’ l’autonomia della Società di Gestione del Risparmio (Sgr). Occorre ricordare che la Cassa ragionieri non ha individuato la Sgr sulle pagine gialle, ma che si tratta di una struttura sottoposta alle regole del Testo Unico della finanza e, quindi, ai controlli degli organismi di vigilanza (Banca d’Italia, Consob e Ministero dell’economia e delle finanze). Non si può pensare – conclude Alessandro Diddi che sia solo l’investitore finale (ovvero la Cassa) a dover dubitare della professionalità e correttezza altrui». Per il pm di Milano Gaetano Ruta Sopaf «ha ottenuto un ingiusto profitto a danno degli enti che avrebbero potuto acquistare quote Fip con uno sconto maggiore». Su questo Alberto Oliveti, presidente della Fondazione Enpam (che ad oggi non ha ricevuto contestazioni né sono state fatte perquisizioni nella sede), commenta: «L’Enpam acquistò quote del fondo immobiliare (che è promosso dal ministero dell’Economia e delle finanze) a un prezzo scontato rispetto al valore ufficiale del tempo (Nav). E a conti fatti quest’investimento ha reso all’ente il 9,34 per cento annuo. Poi, se dovesse emergere che dobbiamo avere anche altri soldi, ben venga!». Oliveti si riferisce alle operazioni del 2009 e di inizio 2010. Da allora la Cassa ha cambiato molte cose al suo interno: «Se qualcuno oggi proponesse un investimento di quel tipo, le modalità sarebbero ben diverse. La riforma della governance del patrimonio, voluta dall’attuale cda, ha infatti stabilito un modello di procedure certificate che prima non c’era. In più abbiamo attivato il principio dello zero virgola». Ovvero, vengono valutati solo investimenti che prevedono il pagamento di commissioni basse. Ma chi vigila dall’esterno? «Di controllori ce ne sono tanti, forse troppi», risponde Paola Muratori, presidente di Inarcassa mentre descrive un quadro composto da tanti protagonisti che intervengono in diverse fasi e con modalità differenti (il collegio dei Sindaci/Revisori, la commissione parlamentare di controllo sugli enti della previdenza obbligatoria, la Corte dei Conti, Covip, i ministeri vigilanti e il ministero dell’economia, quest’ultimo covigilante sul bilancio di previsione e consultivo). Al di là dei controllori esterni, è fondamentale capire quale modello seguire. Inarcassa, ad esempio, ricalca da tempo le rigide regole dei fondi: le procedure sono formalizzate e passano attraverso il Cda, la direzione Amministrazione e Controllo, la direzione Patrimonio e un risk manager esterno, oltre ad essere stata la prima ad avere avuto in Italia una banca depositaria che controlla e valorizza quotidianamente tutti i suoi investimenti. E proprio riguardo agli investimenti sembrano esserci novità, come anticipa Rino Tarelli, presidente di Covip: «Stiamo lavorando con il ministero del Lavoro e dell’Economia a un regolamento che stabilirà parametri comuni alle casse in materia di investimenti e di conflitti di interesse, analogamente a quanto avviene per i fondi pensione. Ed ora siamo alla vigilia della pubblica consultazione». A sinistra, i redditi medi dei professionisti raggruppati nell’Adepp A destra, i medici iscritti all’Enpam sono la categoria professionale più numerosa